Cara
Lucia,
Ti scrivo
questa lettera, anche se tu non mi conosci.
Sono
una ragazza che frequenta la terza media a Genova e, quest’anno, come argomento
di studio, ho approfondito proprio la tua storia, quella de I Promessi Sposi.
Le
tue vicende mi hanno appassionato molto, ma nello stesso tempo mi hanno fatto
riflettere: quello che è successo a te capita in un certo modo anche da noi,
specialmente nel meridione, dove addirittura, a volte, le ragazze sono
costrette a scappare da casa per sposarsi.
Con
questa lettera non voglio parlare di me, ma chiederti cosa voglia dire essere
vissuta nel Seicento, dove non avevi la luce elettrica, il telefono, internet e,
forse, non potevi esprimere le tue idee, sia in casa, sia con i tuoi amici,
anche se non so se li avessi.
Ma, da
quanto ho capito e visto, anche nei film che sono stati realizzati sulle tue
vicende, tu dovevi stare alle decisioni degli altri, senza discutere.
Io, di
tutta la tua storia molto bella e romantica, di un amore che lotta e vince sui
Bravi, non riesco a capire come sia stato possibile che una persona di
“chiesa”, come Don Abbondio, non abbia lottato e detto “NO” a quel cattivo di
Don Rodrigo. Tu sei stata costretta a rifugiarti in un convento, per fuggire da
Don Rodrigo, che ti voleva sua a ogni
costo.
In tutta
questa storia, soprattutto mentre vivevi altri difficili momenti, ma Renzo…dov’era?
In effetti è vero, ti ha cercato per mare e monti, riuscendoti a trovare dopo tanto tempo.
Ma quando
vi siete finalmente rivisti, cosa vi siete detti? La peste che avete preso vi
ha cambiato?
Lucia, io
mi sarei comportata in maniera diversa: con
il mio carattere sarei andata, arrabbiata, da Don Rodrigo e Don Abbondio, cercando di fargli capire il
loro grande sbaglio, ma avrei portato con me anche Renzo, per darmi il sostegno
morale.
Ti
confesserò però che, nella tua storia, Renzo mi è apparso un po’ distante e un
credulone.
Ora ti
saluto e grazie di avermi dato l’opportunità di scriverti
Ciao da una tua nuova amica
Alessia (3aE)
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